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da "Molecole di emozioni" di C. Pert

Candace B. Pert è ricercatrice nel Dipartimento di Fisiologia e Biofisica della Facoltà di Medicina della George University a Washington D.C. Ha accertato scientificamente l’esistenza delle basi bio-molecolari delle nostre emozioni che costituiscono il legame essenziale fra la mente e il corpo. L’autrice propone una nuova interpretazione scientifica del potere che la mente e le emozioni esercitano sulla nostra salute e sul nostro benessere.

(...)

Proprio di recente, alcuni ricercatori del National Institute of Health hanno individuato un legame fra la depressione e i traumi legati all’infanzia. Le ricerche hanno dimostrato che i neonati e i bambini che sono vittime di abusi, di maltrattamenti o di indifferenza hanno maggiore probabilità di essere depressi da adulti, ora abbiamo un indizio per comprendere il nesso tra esperienza e biologia. E’ tutto legato a qualcosa che si chiama ipotalamo - ghiandola pituitaria - ghiandole surrenali. In poche parole l’ipotalamo fa parte del cervello emozionale, il sistema limbico, e i suoi neuroni sono dotati di assoni che si estendono fino alla ghiandola pituitaria, situata al di sotto. E’ qui che gli assoni producono un neuropeptide (una delle quasi cento sostanze informazionali costituite da piccoli peptidi e definite inizialmente secrezioni neuronali) chiamato CRF, ossia Fattore di Rilascio Corticale, che controlla il rilascio di un’altra sostanza informazionale. Così, quando il CRF arriva alla ghiandola pituitaria, stimola la secrezione di adrenocorticotrofina, una sostanza informazionale che poi viaggia attraverso il circolo sanguigno fino alle ghiandole surrenali, dove lega con i recettori (una molecola, proteina o gruppo di proteine, ancorata alla membrana esterna della cellula con un sito accessibile all’ambiente esterno che si unisce a leganti come ormoni, droghe, antigeni, peptidi) specifici sulle cellule ghiandolari.

Ma le ghiandole surrenali non hanno qualcosa a che fare con l’adrenalina e la reazione "lotta o fuggi"? E’ l’adrenalina a scatenare la reazione di allarme lotta o fuggi, che è la risposta naturale e inconscia del corpo alle minacce, che siano reali o immaginarie. Spesso è caratterizzata da un afflusso di energia, pupille dilatate e tachicardia, tutte condizioni che ci consentono di affrontare bene il pericolo appena percepito. Ma un altro compito assolto dalle ghiandole surrenali, quando sono raggiunte dall’ACTH (adrenocorticotrofina), è cominciare a produrre steroidi (composti organici facilmente solubili che si incontrano allo stato naturale nel regno vegetale e animale e svolgono molte funzioni importanti sul piano funzionale). Lo steroide prodotto in questo caso è il Corticosterone, una sostanza necessaria per la guarigione e il controllo dei danni in casi ferite.

Ed ecco qual’è il collegamento con la depressione in forma chimica.

Già da trent’anni sappiamo che lo stress aumenta con l’incremento della produzione di steroidi. Di solito le persone depresse presentano un livello elevato di questi steroidi legati allo stress; anzi, sono in stato cronico di attivazione da ACTH, a causa di una disfunzione nel circuito di biofeedback, incapace di segnalare che il livello dello steroide nel sangue è già alto. Così l’asse CRF-ACTH non fa che pompare nel sangue una quantità sempre maggiore di steroidi. Si direbbe quasi che il CRF sia il peptide della depressione. Esistono studi sugli animali, per es., dai quali risulta che in effetti le piccole scimmie private delle cure materne, trascurate o maltrattate, presentano livelli elevati di CRF e quindi di steroidi. Nelle scimmiette, il fenomeno si manifesta come un’incapacità di curare la propria toilette, oppure di comportamenti ripetitivi che sembrano privi di scopo. Negli esseri umani, il risultato può essere una serie di schemi di comportamento estremamente limitati, che alla fine spingono le persone in un buco nero dal punto di vista emotivo. Si, il motivo per cui possiamo stare bloccati in questo modo è che queste emozioni sono impresse nella memoria, non solo nel cervello, ma in profondità, a livello cellulare. Il meccanismo funziona cosi: man mano che nei neonati e nei bambini esposti a forti stress il livello di CRF aumenta, i recettori del CRF cominciano a desensibilizzarsi, riducendo di numero e di dimensioni. Questi cambiamenti si verificano quando i recettori siano inondati da una droga, sia prodotta naturalmente dal corpo che da un farmaco acquistato in farmacia. La memoria del trauma viene fissata da questi e altri cambiamenti a livello del recettore dei neuropeptidi, alcuni dei quali avvengono all’interno della cellula, alle radici stesse del recettore, e il fenomeno si estende a tutto il corpo.

Come ricercatore sul fronte della droga da oltre venti anni, devo staccarmi dalla posizione prevalente fra i miei colleghi e affermare che meno uso di farmaci è meglio! Le implicazioni delle mie ricerche consistono nella tesi che le droghe esogene, cioè esterne all’organismo, sono potenzialmente dannose, non soltanto perché distruggono l’equilibrio naturale dei circuiti di feedback che coinvolgono molti sistemi e organi, ma a causa dei cambiamenti che producono a livello del recettore.

Ognuno di noi ha la propria farmacopea naturale, la farmacia migliore che esista al costo più basso, in grado di produrre tutte le sostanze di cui abbiamo bisogno per far funzionare il nostro complesso corpo-mente esattamente nel modo in cui è stato programmato in tanti secoli di evoluzione. La ricerca deve concentrarsi sulla comprensione del modo in cui agiscono queste risorse naturali, i nostri farmaci endogeni, in modo che possiamo creare le condizioni che consentiranno loro di svolgere la loro azione nel modo migliore, con minime interferenze da parte di sostanze esogene. Ma quando non possono compiere il loro lavoro, la ricerca consentirà di creare sostanze mimetiche in grado di imitare quelle naturali riducendo al minimo l’interferenza con l’equilibrio naturale del corpo, perché sono state messe a punto tenendo conto dell’intera rete psicosomatica.

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