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"La mente e il cuore" di F. Falzoni Gallerani

Non vorrei parlare d'astratte teorie né entrare nei particolari del vastissimo ed eterogeneo pensiero indù, con tutte le sue numerose scuole e correnti, con i Maestri della tradizione e i suoi rappresentanti moderni. Su questo ci sono già molti libri e splendide opere. Da parte mia umilmente vorrei solo indicare per sommi capi alcuni aspetti delle pratiche spirituali dell'Induismo, che, sulla mia stessa persona hanno dimostrato inequivocabile efficacia trasformativa con effettivi cambiamenti della qualità della vita di ogni giorno. La domanda fondamentale a cui vorrei rispondere è: esiste davvero la possibilità di uscire dal conflitto e dalla sofferenza attraverso lo sforzo personale, la meditazione e le pratiche orientali, in questo caso di origine Indù, assimilate dalla Psicologia Transpersonale? Per me la risposta, dopo una profonda osservazione di numerose esperienze in cui l'effetto delle pratiche è stato evidente, è di certo sì!

Nella vita sono inevitabili momenti in cui la serenità e la gioia di vivere sono soppiantate da conflitti interiori. Momenti in cui non ci pare di non riuscire più a vivere pienamente, in cui ci pare d'essere lontani dall'anima, di aver perso ogni entusiasmo, e tutti, prima o poi, si deve affrontare la sofferenza. Per chi ha vissuto delle realizzazioni interiori e grazie ad esse ha vissuto lunghi periodi di serenità e presenza mentale, ricadere nella sofferenza samsarica dei desideri e delle frustrazioni, sperimentare di nuovo i conflitti dell'io, che si credevano ormai del tutto superati, produce profondo dolore e un senso d'incolmabile perdita. Si comprende quanto fosse prezioso quello stato sereno che pareva tanto facile e spontaneo solo ora è sfuggito. Quello stato di libertà dall'io pare ora evasivo ed inconcepibile e non sappiamo come fare a ritrovarlo. Molti fattori di solito collaborano a far sì che assieme alla serenità andasse perduta la disciplina che ci guidava, la fede nell'ideale, le ispirazioni creative e la fiducia nella bontà della vita. Non è un vero e proprio stato depressivo ma ci assomiglia e probabilmente ha le medesime radici. La depressione è un disturbo endemico all'Occidente moderno e molto spesso, secondo me, la sua radice è legata alla perdita del contatto con il proprio Sé, e questa distanza dalla Verità, questa condizione d'alienazione dallo spirito è la vera causa di sofferenza. Ciò accade anche a chi soffre per l'aridità interiore né si è mai posto il problema della ricerca interiore. In questi momenti, quando pare di non trovar più sostegno in nulla, la soluzione-guarigione, la fine della sofferenza, si manifesta chiara e potente nel risveglio spirituale prodotto dalle pratiche e dalla sadhana, quando la meditazione e il pranayama ci rimettono in contatto con il profondo e l'essenza, nel passaggio interiore in cui possiamo ben dire di tornare dalle ego al Sé, "dai molti all'Uno", dalla percezione ordinaria alla percezione Non-duale, cioè l'immedesimazione nella coscienza consapevolezza impersonale, l'intuizione dell'ineffabile Brahman.

Non mi riferisco quindi soltanto alla comprensione della filosofia della Gita o al rispetto dei principi etici, ma a quelle tecniche psicofisiche che producono uno spostamento della prospettiva e rinnovano la consapevolezza interiore. Si tratta di un processo d'integrazione psicobiologica che produce davvero un immediato profondo cambiamento. E' la liberazione dal conflitto che avviene assieme al cambiamento di prospettiva, che è ben descritto dai saggi dell'oriente e dai testi classici. Perché avvenga questo salto quantico della coscienza dobbiamo creare spazi mentali in cui sentimenti d'amore e devozione per l'Assoluto possano esprimersi, spazi di ascolto e silenzio, spazi di consapevolezza... e qui sono tentato di esprimere proprio quello che le parole non permettono di indicare e che comunque una volta spiegato sarebbe solo un ombra della verità. Come definire la sacralità dell'Essere, l'abisso del Sé, la percezione della natura essenziale della realtà, la percezione non duale... Appena definisco il 'non duale' creo dualismo nella contrapposizione con il duale, dovremmo quindi dire oltre il duale e il non duale... appena quello stato non è più il vissuto del presente e diventa ricordo, perde la sua natura per diventare una realtà concettuale. Quella che i mistici chiamano 'docta ignorantia' o 'Nube della non Conoscenza' è lo stato in cui l'anima nel fondersi con il Tutto riconosce di non poter ne dover capire oltre, dal momento che a quel punto solo il silenzio è adeguato. Se non è possibile spiegare l'esperienza soggettiva della trascendenza e i meccanismi interiori attraverso cui ci liberiamo dai nodi dell'ego, nel riconoscere qualcosa a cui prostrarci, di certo possiamo constatare che il passaggio da una condizione mentale di sofferenza ad un altro stato di pienezza qualitativamente tanto più autentico e sano, è un'esperienza certa, riconosciuta in precedenti occasioni personali e attraverso il resoconto d'altri, quindi coerente con gli insegnamenti e chiaramente osservabile nella sua fenomenologia.

Di nuovo alla domanda: si può ottenere la liberazione, la risposta è 'Sì'. Si può vincere la battaglia con il falso io e ritrovare la natura del Sé in una diretta immedesimazione e con rinnovata gioia. Si ritrova il senso della vita indipendentemente dalle circostanze esterne da cui cessiamo di dipendere, conquistando così la libertà dalla paura e dall'attaccamento. Ci sono delle condizioni interiori che facilitano questo passaggio dall'oscurità alla luce, senza le quali le pratiche perdono gran parte della loro efficacia. A priori ci deve essere un atteggiamento di verità, soprattutto nel senso di sincerità con sé stessi, (ed è facile raccontarsela e non vedere le illusioni che costruiamo per difendere e sostenere le nostre fantasie). Dobbiamo vedere con inesorabile chiarezza i nostri giochi, osservare senza giudicare i movimenti mentali e riconoscere la natura dei conflitti che ci disturbano, vederne le forme esteriori e assaporante le sensazioni interiori, vedere senza cercare una via d'uscita e prender atto della propria momentanea miseria interiore.

Le pratiche allora ci aiuteranno a ricordare e riconoscere che dietro le forme del teatro magico della mente, una coscienza osservante impersonale è il substrato di tutto. Se la sofferenza persiste, bisogna cercare ancor più a fondo la natura del nodo con il coraggio sufficiente ad avvicinare l'abisso del mistero, oltre gli irrisolvibili perché dell'esistenza. Alzarsi molto presto, lavacro e meditazione, dieta e concentrazione e tutte le pratiche corrette di respirazione non bastano se non cerchiamo nel cuore e nei sentimenti più profondi la nostra natura essenziale. Il mantra, il controllo del respiro, il ricordo consapevole di: 'Io sono il Sé cosciente oltre il pensiero', il 'Tat Tvam Asi' dell'Indù che sta a significare Tu Sei Quello (Quello è Shiva, Il Sé), sono strumenti straordinariamente efficaci che paiono anzi indispensabili, ma anche questi non funzionano meccanicamente a comando e diventano un vissuto reale trasformativo solo quando attraverso un cuore davvero aperto possiamo attingere alla Grazia che ci viene dall’Alto. Ma se facciamo le cose seriamente guardando in faccia la realtà ed ascoltando il cuore e le profondità della coscienza, la luce tornerà a splendere. Allora l'unità Atman - Brahman diventa di nuovo evidente oltre i concetti e le parole. Sarà allora chiaro il concetto Indù di Maya, saranno comprensibili i simboli degli dei e i meccanismi del karma, saranno accessibili gli aforismi di saggezza e la realtà splenderà nuovamente di bellezza intrinseca. La mente deve aver rimesso ordine in sé, il cuore riacceso la sua fiamma, superando le menzogne e i chiacchierii inutili dei molteplici aspetti degli io subliminali che affollano e offuscano lo spazio luminoso della consapevolezza, perché la percezione interiore sia chiara.

C'è una tendenza a sottovalutare l'importanza della disciplina e dello sforzo personale, perché le discipline imposte paiono antitetiche ad un impegno che nella sua intensità totale ha radici nella libertà, nella spontaneità e nella verità del Sé, tuttavia le cose che riguardano la schiavitù dell'ego vanno affrontate con coraggio e superando la pigrizia fisica e mentale che rallentano e vanificano ogni processo. Con il giusto atteggiamento, la giusta motivazione, i corretti mezzi, la pace ritorna e pare quasi di non averla mai perduta. In questo processo anche gli inferni e paradisi e tutti i simboli cristiani assumono un significato nuovo e chiaro. Se per la persona che vive nello stato di coscienza ordinaria, anche una sola esperienza con il Rebirthing Transpersonale o con simili tecniche esperienziali, può condurre al contatto con la Realtà Non-duale del Sé, come ho detto, bisogna prendere coscienza che è necessaria la disciplina ed un notevole sforzo personale e se non pratichiamo intensamente e a lungo è difficile vedere significativi risultati stabili. Questo discorso a molti giovani non piace perché è comune il voler credere che sia sufficiente la comprensione intellettuale per risolvere i problemi e con l'elaborazione dei concetti tutto possa andare automaticamente a posto, oppure che una sola esperienza d'autotrascendenza ci abbia definitivamente trasformato e sia sufficiente una spontaneità spensierata e che la saggezza del corpo sia una guida sempre affidabile. Gli stati di picco e i momenti transpersonali, seppure benefici, sono passeggeri e dobbiamo integrare il nostro essere in tutti i suoi aspetti, fisici, emotivi e mentali lavorando sui punti deboli e su quanto non è stato risolto.

L'eccessivo peso dato alla dimensione intellettuale, caratteristico di questi anni ha come controparte spesso la ricerca del suo opposto: un lasciarsi andare indisciplinato sulla spinta degli impulsi alla ricerca esclusiva del piacere. Il Sentiero è legato al sentimento del cuore, l'amore per il Bene e al sentire profondo, in una percezione silenziosa e consapevole di 'ciò che è' in cui cuore e mente raggiungono la sintonia. La miglior medicina per ogni male è questa realizzazione interiore: questa prospettiva della coscienza che ci fa ritrovare noi stessi oltre le maschere dell'io. Possiamo perdere e ritrovare molte volte questo stato di pienezza attraversando le fasi di luce e ombra della vita, ma le pratiche orientali applicate nell'ottica moderna della Psicologia Transpersonale, sono il mezzo più efficace per attraversare e risolvere i momenti difficili e per ridonarci la gioia di vivere.

Tu sei il solo principio che redime, che rimane stabile e imperturbabile. Non hai desiderio né avversione. Ahimé, perché allora ti tormenti con voglia di cose. I Veda proclamano che il Sé è senza qualità, senza impurità, senza declinazione, incorporeo, retto. Portami senza dubbio a tale Sé. Avadhoota Gita

Herakan Gennaio 2008

Dott. Filippo Falzoni Gallerani

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